Nelle
prime ore di mercoledì 6 Marzo, la Squadra Mobile di Bologna ha eseguito 6
ordinanze di custodia cautelare in carcere, nei confronti di 5 cittadini
nigeriani e di un cittadino Gambiano, rintracciati nelle province di Bologna e Modena.
Sono in corso le ulteriori ricerche, finalizzate al rintraccio di altri 4
cittadini centrafricani, colpiti dalla misura della custodia cautelare in
carcere.
Le
ordinanze concludono un’articolata attività investigativa, coordinata dal P.M.
titolare dell’indagine dr. Martorelli, svoltasi da metà maggio a fine giugno
2018, all’interno del Parco della Montagnola che ha portato complessivamente ad
ottenere 10 custodie cautelari in carcere disposte dal Gip, 5 arresti in
flagranza, 30 denunce in stato di libertà e 50 soggetti dei quali 10 minorenni
sanzionati amministrativamente per uso di sostanze stupefacenti.
I
reati contestati riguardano tutti lo spaccio di sostanze stupefacenti leggere,
soprattutto marijuana e Hashish con in alcuni casi l’aggravante della cessione
a minorenni.
L’attività
svolta parallelamente ai diuturni servizi di controllo del territorio è stata
condotta con l’ausilio di riprese video e foto che hanno documentato in modo
chiaro e incontrovertibile l’attività illegale, confermata dalle numerose
dichiarazioni, verbalizzate in modo capillare dai numerosi acquirenti fermati e
controllati dopo l’acquisto della droga.
Il quadro investigativo emerso ha fornito al Gip dr. Pecorella elementi
tali da definire: “l’attività di spaccio
all’interno del Parco della Montagnola analoga alle piazze di spaccio
napoletane tipo “Scampia”, con un giardino pubblico sostanzialmente sottratto
all’uso di persone che non siano spacciatori o assuntori di sostanze
stupefacenti aventi un organizzazione “a geometria variabile” con soggetti e
modalità continuamente interscambiabili, peraltro portate avanti da diverse
compagnie raggruppate su base etnica e non solo.”
Le
riprese con le videocamere consentivano di riscontrare una costante e numerosa
presenza di cittadini di etnia centrafricana dediti al bivacco e allo spaccio
soprattutto di marijuana in numerosi punti del parco come la zona prospiciente
i bagni pubblici, la terrazza sovrastante la scalinata del Pincio, la terrazza
sovrastante la scalinata dell’Hotel “I Portici”, nei pressi di un cubo di
cemento posto alla sommità della rampa di entrata uscita dal terminal
dell’autostazione bolognese.
Due
i gruppi più operosi:
il primo gravitante nei pressi del
suddetto cubo e il secondo, più numeroso,
gravitante nella zona del parco prossima all’uscita su via Irnerio.
L’evoluzione
investigativa consentiva di accertare che i due gruppi giungevano nel corso
della tarda mattinata alla spicciolata da altre città, nonché da altre regioni
(a titolo esemplificativo Cremona, Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Parma, San
Giovanni in Persiceto…) tutti privi di residenze o domicili ben delineati.
I
primi soggetti che giungevano nel parco provvedevano a celare lo stupefacente
in diversi e appositi giacigli da cui recuperarli una volta conclusa la
trattativa. Alcuni soggetti fungevano da “palo”, altri soggetti una volta
conclusa la trattativa si rivolgevano ad un terzo che recuperava la droga da
consegnare all’acquirente.
Questi
accorgimenti consentivano al pusher fermato di essere trovato in possesso di
quantitativi irrisori di stupefacente tali da non consentire l’arresto
nonostante avesse effettuato numerose cessioni. Le riprese con le telecamere, l’osservazione diretta da parte degli
investigatori e le dichiarazioni ricevute dagli acquirenti permettevano però di
comprendere che l’organizzazione seppur rudimentale potesse essere ricondotta
ad una sorta di “distretto dello spaccio” in cui la forte competitività e la
coesistenza di diversi gruppi portava ad ottimizzare ed a trarre vantaggio
dalla situazione in analogia a quanto accade per esempio per il “distretto del
packaging” indicato quale modello di imprenditoria sana nel quale diversi
attori economici uniscono le forze per trarre maggiori vantaggi.
Tali
elementi uniti al fatto che tutti i soggetti colpiti da ordinanza traggono
sostentamento unicamente dall’attività illecita, sono privi di riferimenti
stabili e lavorativi ha portato il gip dr. Pecorella a disporre l’applicazione
della custodia cautelare in carcere.
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