mercoledì 30 dicembre 2020

Balli in sala Farnese

IL BALLO LISCIO  Nell’immaginario degli italiani liscio è sinonimo di ballo popolare e designa un genere musicale che a tutt’oggi vanta un’enorme diffusione su tutto il territorio nazionale e un forte valore d’uso presso le generazioni più adulte delle classi sociali medio-basse. A tale popolarità, così antica da essere confusa con il folklore, corrisponde però un’immagine riduttiva e stereotipata; inoltre, l’ideologia ed i valori extramusicali attualmente veicolati dal liscio gli conferiscono nell’ambito della cultura ufficiale e in particolare giovanile, una connotazione negativa che tende spesso a bollarlo come kitsch, nostalgico e di cattivo gusto.  Un’analisi più approfondita della storia e delle sue varianti regionali ci pone invece di fronte ad un fenomeno ampio e articolato; infatti il liscio che conosciamo oggi vanta tradizioni colte, nasce nell’800 sulla scia della scuola viennese di Johann Strauss, dalla grande moda di walzer, polka e mazurka che dominò in quel periodo il ballo in ambiente borghese, sostituendo i minuetti e le altre danze di corte e sancendo così il progressivo e definitivo passaggio da forme di danza collettiva al ballo di coppia. Dagli ambienti urbani e borghesi giunse poi a quelli rurali e proletari, sovrapponendosi alle tradizioni locali e dando origine a processi di trasformazione/appropriazione tipicamente popolari; si formarono così tante e diverse tradizioni del liscio: da quello romagnolo alla Filuzzi bolognese, dalla scuola ambrosiana a quella emiliana o tirolese, passando per le varianti regionali che si trovano nelle esecuzioni di suonatori calabresi, toscani, abruzzesi, ecc. Piccole orchestrine di violini, di mandolini, di bande e bandelle di strumenti a fiato, costituirono un serbatoio di strumentisti alfabetizzati, che insieme ai musicisti di tradizione orale, furono pronti ad integrare e a diffondere questo repertorio; così il liscio soppiantò i balli etnici più antichi e divenne il genere dominante del ballo popolare. Nel corso degli anni ha subito numerose evoluzioni: la trasformazione degli organici strumentali (con l’introduzione di fisarmonica, batteria, chitarra, sax, banjo, fino agli odierni strumenti elettrici), l’assimilazione di nuovi ritmi d’importazione (tango, paso doble, ecc), l’introduzione della canzone, l’influenza del jazz, la contaminazione con la musica leggera…. La sua storia è costellata di figure mitiche di musicisti che con la loro personalità hanno influenzato e modellato lo stile: da Giuseppe Cantoni, fondatore del concerto Cantoni nel 1860, al clarinettista Pattaccini, da Carlo Brighi, detto Zaclèn, capostipite dello stile romagnolo, al leggendario Secondo Casadei, autore della celebre “Romagna mia”, dal suonatore ambulante Migliavacca al “re” dello stile filuzziano Lenildo Marcheselli, dal virtuosismo strumentale dei fisarmonicisti Gorni Kramer, Woler Beltrami, Carlo Venturi, Peppino Principe o del clarinettista Henghel Gualdi, responsabili delle aperture verso il jazz, fino a Raoul Casadei, cui si deve il rilancio del genere dopo la crisi degli anni Sessanta. 

Su Lepida Tv e emiliaromagnacreativa.it



 

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