LOTTA AL “CAPORALATO”
L’attività
investigativa [che rientra nell’ambito delle indagini che la Procura
sta da tempo attivando con il gruppo specializzato] condotta dal Nucleo Operativo della Compagnia di San Giovanni in Persiceto, congiuntamente al Nucleo Investigativo del Reparto Operativo ed al Nucleo Ispettorato del Lavoro di Bologna,
trae origine da una protesta sindacale che alcuni lavoratori pakistani
avevano inscenato, nel luglio 2018, dinanzi a una ditta di Castello
d’Argile.
Alcuni
dipendenti di una ditta metalmeccanica (sede operativa in Castello
d’Argile che effettuava le lavorazioni di oggetti manufatti in gomma per
ricambi auto per conto di altre aziende) lamentavano:
1. la mancanza di un contratto di lavoro regolare;
2. stipendi dimezzati a causa di parziali restituzioni al datore di lavoro del denaro percepito;
3. orari superiori a quelli previsti dal contratto nazionale;
4. di essere sovente minacciati di licenziamento qualora non si fossero adeguati a tale regime;
Le indagini, coordinate dal dott. Antonello GUSTAPANE, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna,
permettevano di acquisire elementi utili per supportare le ipotesi di
reato rispetto alle condotte poste in essere da tre soggetti pakistani
nei confronti di 58 loro connazionali e riguardanti le violazioni delle
norme di cui agli artt. 110, 603 bis e 629 del C.P.
In particolare i lavoratori erano costretti:
1. a pagare ai tre soggetti denaro per ottenere una busta paga e regolarizzare il loro permesso di soggiorno;
2. restituire parte degli emolumenti accreditati sui rispettivi rapporti postali e/o bancari;
3. sottostare a turni di lavoro irregolari, pena il licenziamento;
4. lavorare in condizioni igienico sanitarie precarie, nonché in violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro.
Oltre
alle misure cautelari applicate nei confronti dei tre indagati (due
agli arresti domiciliari e uno alla sottoposizione dell’obbligo di
dimora, il Giudice per le Indagini preliminari presso il Tribunale di Bologna
– dott. Alberto GAMBERINI – applicava il sequestro delle società e dei
beni riconducibili agli indagati per un valore complessivo pari a circa
600.000 € e nominava un amministratore giudiziario.
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