L’indagine
denominata “Outlet” di cui al p.p. 19872/16 mod. 21 coordinata dalla DDA della
Procura di Bologna (PM dott. Ceroni) trae origine dagli esiti investigativi di
una precedente attività d’indagine (di cui al p.p. 18374/15 mod. 21 D.D.A.) che
aveva fatto emergere una serie di indizi a carico di un gruppo di soggetti
albanesi dediti all’importazione di ingenti quantitativi di cocaina e
marijuana.
In particolare,
il 2 dicembre 2016, personale della VI sezione di questa Squadra Mobile
arrestava in flagranza di reato 8 detenzione di 3,5 kg di hashish, 250 gr di
cocaina e 740 gr di marijuana) un cittadino marocchino il quale, nell’immediatezza dei fatti,
riferiva informalmente di aver ricevuto lo stupefacente il giorno precedente da
alcuni cittadini albanesi, suoi abituali fornitori, incontrati presso il Centro
Commerciale “Meraville” di Bologna, poco distante dal quartiere Pilastro (da
cui il nome dell’operazione “OUTLET”).
Le attività successivamente intraprese
consentivano di risalire ad un primo gruppo organizzato di cittadini albanesi e
italiani dedito all’importazione e rivendita di ingenti quantitativi di
marijuana e cocaina, al vertice del quale si collocavano ALIAJ Ilirjan e un
connazionale attualmente irreperibile.
Lo stabile insediamento dei vertici del
gruppo e di una buona parte dei correi nel territorio bolognese, faceva sì che
l’intera programmazione, ogni accordo illecito e direttiva esecutiva venissero
di fatto a perfezionarsi e ad essere adottate proprio in questa provincia. Il
gruppo era solito comunicare attraverso una chat criptata la cui decodifica da
parte degli investigatori consentiva di disvelare una vasta rete di
narcotrafficanti. L’imponenza dell’attività illecita, pur avendo come epicentro
il capoluogo emiliano romagnolo, ne consentiva necessariamente la ramificazione
anche in altre regioni, tra le quali precipuamente la Puglia (punto di approdo
degli ingenti carichi di stupefacente provenienti dall’Albania), l’Umbria e la
Toscana, ed era strutturata in termini tali da garantire un costante
approvvigionamento dello stupefacente ed un celere smistamento delle partite di
volta in volta importate e/o acquistate. Il gruppo, pur se non strutturato al
punto da integrare gli estremi di una compagine associata, presentava comunque
una stabilità operativa ed organizzativa tanto da consentire l’immediata sostituzione
di uno dei componenti in caso di sopravvenuti arresti e/o comprovata infedeltà
o inaffidabilità.
Esemplificative in tal senso risultavano la
sostituzione di un corriere arrestato nel corso dell’indagine (colto con oltre 1
kg di cocaina mentre faceva rientro da Perugia a Bologna), ovvero quella dei
fratelli MARZANO Antonio e Gregorio, fidati ed esperti trasportatori dello
stupefacente con i quali sorgevano questioni in merito ai rispettivi compensi.
Lo stupefacente importato dall’estero,
principalmente marijuana e hashish, veniva reperito dal gruppo direttamente in
Albania e stoccato in attesa del trasferimento in Italia. Il gruppo, infatti,
vantava un canale di approvvigionamento privilegiato in Albania, dove poteva
godere di numerosi appoggi. Grazie infatti alle notevoli disponibilità
economiche, era possibile non soltanto portare a termine gli ingenti acquisti
di droga, ma anche occuparsi di tutte le spese necessarie per i trasferimenti
di quest’ultima. D’altra parte gli ingenti quantitativi acquistati ogni volta
permettevano di ottenere prezzi ridotti all’ingrosso, nell’ordine di qualche
centinaio di euro al chilogrammo, così da garantire ancora maggiori guadagni
dalla successiva vendita (un kg veniva acquistato a 800/1000 euro e rivenduto
anche a 2.000/2.500 se la qualità era eccellente).
Il trasporto via mare avveniva poi a bordo di
potenti gommoni, in grado di trasportare sino a 1.000 chilogrammi di marijuana
per traversata, condotti tendenzialmente da piloti italiani, in grado di
attraversare il mare Adriatico anche in condizioni di criticità e di
raggiungere ed attraccare a ridosso di calette della costiera pugliese, zona
geografica più prossima all’Albania. I riferimenti pugliesi per tale parte
dell’azione illecita venivano identificati in PALMA Saverio e VINDICE Vincenzo,
soggetti dimoranti nel brindisino ed a loro volta narcotrafficanti, che
offrivano un importante contributo proprio per gli aspetti “logistici”, vale a
dire il reperimento del pilota, del gommone e della relativa motorizzazione,
oltre che l’attività primo stoccaggio dello stupefacente giunto in Italia.
Lo smistamento e comunque il trasporto sul
territorio nazionale da e per l’Emilia Romagna veniva svolto sia da cittadini
albanesi, sia da cittadini italiani residenti a Bologna. Questi ultimi, in
particolare, si occupavano in maniera disgiunta e mediante l’utilizzo di veicoli
propri del trasferimento dello stupefacente dalle coste pugliesi a questo
capoluogo e, quale compenso per il viaggio, venivano ricompensati con somme di
denaro proporzionali ai quantitativi trasportati o semplicemente con
l’equivalente in stupefacente.
Per l’occultamento e la custodia dello
stupefacente a Bologna il gruppo era solito servirsi di alcuni box auto,
ovviamente non formalmente riconducibili ad alcuno dei componenti del gruppo.
Successivamente alla scoperta di tali nascondigli e al conseguente importante
sequestro di diversi kilogrammi di stupefacente (548 kg di marijuana, 214 kg di
hashish e 275 gr di cocaina e 15 proiettili calibro 7,65), il gruppo iniziava a
servirsi di ricoveri di fortuna ricavati tra la vegetazione in isolate zone di
campagna (uno dei quali riscontrato con un sequestro di 50 kg di marijuana) e in
una cascina di proprietà di uno degli italiani arrestati.
I clienti finali, sostanzialmente stabili,
erano composti sia da connazionali, sia da centroafricani, che acquistavano
quantitativi considerevoli di stupefacente, non associabili ad un uso
esclusivamente personale.
L’organizzazione, poi, era in grado di
procurarsi anche discreti quantitativi di cocaina, perlopiù acquistati tramite
connazionali operanti in Bologna.
L’estensione delle indagini verso taluni dei
fornitori in Italia del gruppo citato, infine, consentiva di individuare
un’altra cellula criminale, sempre composta da cittadini albanesi, localizzata
tendenzialmente tra la Toscana (provincia di Arezzo) e l’Umbria (provincia di
Perugia). Dopo aver effettuato un’ingente fornitura di marijuana in provincia
di Bologna, veniva avviata un’attività di intercettazione ed effettuati diversi
servizi di p.g. che portavano a riscontrare diverse importazioni/acquisti di
stupefacente (del tipo cocaina e marijuana) per quantitativi davvero
considerevoli, poi piazzato in diverse regioni del territorio nazionale ed
anche all’estero (ad es. sequestro di 53 kg di marijuana a Perugia).
Le indagini complessivamente svolte, durate
circa un anno (dal dicembre 2016 a dicembre 2017) permettevano così di
procedere al sequestro dei quantitativi di stupefacente di seguito riportati ed
alla conseguente adozione di misure pre-cautelari nei confronti dei diretti
responsabili oggi eseguite.
Oggi, in costanza di esecuzione dei
provvedimenti precautelari (27 i destinatari di OCC), esecuzioni avvenute in
tutta Italia con la collaborazione delle Squadre Mobili di Reggio Emilia,
Ferrara, Arezzo, Brindisi, Cremona, Foggia, Perugia, Monza-Brianza e Siena, a
dimostrazione di come il gruppo continuasse ad operare nel narcotraffico, a
Bologna è stato tratto in arresto in flagranza di reato il già indagato MARZANO
Antonio a cui è stata sequestrata sostanza stupefacente del tipo marijuana (oltre
5 kg suddivisa in 12 barattoli) , cocaina e ketamina, nonché sostanza da taglio
del tipo manitolo. Inoltre a casa di uno degli albanesi del gruppo è stata
sequestrata la somma in contanti di oltre 50.000 € debitamente occultata.
RISULTANZE:
-
nr. 35 indagati
-
nr. 17 destinatari di
OCC di 16 in custodia cautelare in carcere e 1 agli arresti domiciliari (di cui
9 italiani e 7 albanesi e 1 nigeriano)
-
nr. 23 arrestati in
flagranza di reato
-
nr. 33 perquisizioni
personali e domiciliari delegate
-
sequestro di 1.517 Kg di
marijuana, 114 Kg di hashish, 2 Kg di cocaina
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