Bologna. Sfruttamento della prostituzione di giovanissime ragazze straniere e diffusione telematica di materiale pedopornografico.
La Squadra Mobile della Questura di Bologna, coordinata dalla locale Procura della Repubblica presso il Tribunale, ha eseguito un’ordinanza di misura cautelare in carcere nei confronti di due fratelli, cittadini rumeni, di 29 e 21 anni, ritenuti gravemente indiziati di aver sfruttato per la prostituzione giovanissime donne rumene insediatesi a Bologna.
L’indagine originava dalla querela sporta durante la scorsa estate da una ragazza rumena che aveva denunciato di essere stata indotta alla prostituzione dal suo ex fidanzato e dal fratello di lui. Ne nasceva un’approfondita indagine che consentiva non solo di rinvenire puntuale conferma alle dichiarazioni della denunciante, ma disvelava, altresì, soprattutto a carico dell’indagato più giovane, un’attività di reclutamento e sfruttamento della prostituzione perpetrati anche ai danni di una ragazza rumena di 17 anni, che culminerà poi in condotte di estorsione e di diffusione telematica di materiale pedopornografico poste contro quest’ultima al fine di costringerla a continuare l’attività prostitutiva.
In particolare, attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali, si riusciva mediante mirati servizi di osservazione, pedinamento e controllo a identificare le vittime, i loro clienti e i presunti sfruttatori. Dall’indagine emergeva che gli indiziati si prodigavano nel pubblicare gli annunci erotici in siti web di incontri sessuali a pagamento, nel rispondere al telefono imitando la voce femminile, nel mettere a disposizione di queste ultime gli immobili ove poter consumare il meretricio, nonché nell’ accompagnarle quando la stessa attività avveniva fuori città; il tutto non senza condotte minacciose e violente, affinché nessuna delle ragazze uscisse dal giro da loro gestito e si liberasse del loro giogo. La denunciante aveva riferito di essere stata schiaffeggiata e minacciata da uno dei due fratelli affinché si prostituisse anche quando non si sentiva bene, un’altra ragazza era stata minacciata per non essersi concessa ad un cliente in presenza del fratello di questi, stessa sorte per una minorenne nell’occasione in cui si era rifiutata di consumare un rapporto con un cinquantenne. I due fratelli indagati trattenevano quasi interamente i profitti dell’attività illecita, riservando solo una piccola parte del guadagno alle ragazze, come ribadito dalla denunciante in querela “delle somme ricavate, anche dell’ordine di 1.500 euro al giorno, a me ne venivano dati 50 euro.”
Riguardo invece all’ipotesi accusatoria inerente alla prostituzione minorile, addebitata all’indagato più giovane dei due fratelli, essa traeva origine nel gennaio scorso, allorquando la madre della vittima sporgeva querela per denunciare di aver ricevuto telefonate minatorie da parte di una donna, che affermava di essere la nonna di una ragazza di 15 anni, fidanzata e promessa sposa di un ragazzo ROM di Bologna (l’odierno indagato di 21 anni). In particolare, la denunciante riferiva che l’interlocutrice le avrebbe mosso pesanti minacce in danno della propria e altrui (familiari) incolumità fisica, a motivo della relazione sentimentale che sua figlia, diciassettenne, avrebbe instaurato con il futuro sposo della nipote. La denunciante dichiarava che l’interlocutrice la minacciava facendo anche riferimento all’esistenza di un video, in loro possesso, ritraente la minorenne compiere atti sessuali con il ragazzo - già divulgato all’interno della comunità ROM e girato all’insaputa della stessa vittima - e che il filmato sarebbe stato ulteriormente diffuso se non fosse stato impedito alla stessa di continuare a incontrarsi con il ragazzo. A tal proposito l’indagine farà scoprire anche un tentativo da parte del padre del ragazzo di cercare di ottenere una remissione di querela dalla famiglia della vittima mediante la corresponsione di 10.000 euro. Successivamente, dalle intercettazioni si scoprirà che il racconto della minore al momento della ritrattazione (quest’ultima indotta dalle pressioni e intimidazioni subite) fosse completamente falso e dovuto al timore per l’incolumità propria e della propria famiglia, oltre che dal sentimento che legava la stessa al proprio sfruttatore; il quale da quando aveva appreso della querela aveva tentato di mettere la stessa contro i genitori e l’aveva convinta a rendere dichiarazioni a lui favorevoli. Le intercettazioni telefoniche e ambientali consentivano, infine, di captare, sovente dalla stessa voce degli indagati, conversazioni inequivocabilmente dimostrative dello sfruttamento del meretricio; oltre all’irretimento, ai medesimi fini, della diciassettenne vittima tanto di sfruttamento della prostituzione quanto di estorsione e di diffusione telematica di materiale pedopornografico.
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