-     individuare e contattare come “avvocato” le potenziali vittime, grazie a siti web che abbinano l’indirizzo al numero del telefono fisso;
-     provocare il contatto con il finto Carabiniere, spesso presentato come “Maresciallo Primo”,
 per rassicurare la vittima, invitata a comporre un numero di telefono 
della caserma dei Carabinieri, senza rendersi conto che il truffatore, 
in realtà, non interrompe mai la comunicazione; 
e un “aliquota di emissari”,
 due soggetti, presenti sui luoghi delle truffe, in contatto diretto con
 i telefonisti, a cui suggeriscono gli indirizzi e che riscuotono le 
finte cauzioni dalle vittime. Le indagini hanno permesso di accertare 
che l’organizzazione criminale in questione è collegata al clan 
“Contini” di Napoli, a cui viene corrisposta una tangente, che nel corso
 delle conversazioni è invocata in maniera convenzionale con i termini 
di “pesone” o “carosiello”, ed il cui pagamento, a titolo 
di protezione, è ritenuto indispensabile per poter operare in tutta 
“tranquillità” e “sicurezza”. In particolare, il “canovaccio” abituale 
prevedeva l’entrata in scena del sedicente “avvocato Molinari”, 
che componeva numeri di telefono di abitazioni di una medesima 
via/quartiere, reperendoli da siti internet, fino a quando non 
s’imbatteva in una persona anziana in casa da sola. L’avvocato cercava 
di convincere l’anziano che per evitare l’arresto del proprio parente, 
coinvolto in un fittizio incidente stradale e per questo motivo 
trattenuto in una caserma dei Carabinieri, era necessario pagare una 
determinata somma, generalmente qualche migliaio di euro, da 
consegnare a un suo collaboratore che si sarebbe presentato quanto prima
 presso l’abitazione. Per rendere il tutto ancora più credibile, la 
conversazione proseguiva con l’intervento telefonico del “finto” maresciallo dei carabinieri, che si presentava come “Maresciallo Primo”, con il compito di carpire definitivamente la fiducia della vittima “rassicurandola” sulle buone intenzioni dell’avvocato. La truffa si consumava quando la vittima consegnava al “collaboratore dell’avvocato”,
 che nel frattempo stazionava nei pressi della via/quartiere preso di 
mira, il denaro richiesto. In molte circostanze, poiché le persone 
anziane non detenevano in casa grandi somme di contante, i truffatori si
 facevano consegnare gioielli o preziosi. Le
 indagini hanno acclarato che alle truffe partecipavano, direttamente o 
indirettamente, componenti d’intere famiglie, uomini, mogli, madri e 
figli, non solo con compiti operativi ma anche di collegamento con gli 
emissari (intervenendo all’occorrenza anche in prima persona) nonché 
logistici, reperendo numeri di telefoni di cellulari ma anche 
autovetture con cui spostarsi, trasformando così l’attività illecita in 
un vero e proprio “affare di famiglia” dal quale tutti traevano 
sostentamento. Il GIP del Tribunale di Bologna – Dott.ssa Francesca Zavaglia, recependo le risultanze investigative, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 2 soggetti, incensurati, posti agli arresti domiciliari,
 ravvisando nelle condotte dei correi il reato di cui all’art.416 C.P. 
Il provvedimento di oggi si colloca su quella stessa linea giuridica 
tracciata dalla Procura della Repubblica e concordata dall’ufficio 
G.I.P. del Tribunale di Bologna che nel settembre 2016 inaugurò un 
impianto accusatorio assolutamente originale, innovativo ed efficace 
rispetto alla fattispecie delittuosa: aver fatto emergere la matrice 
ideativa comune ed aver individuato gli elementi fattuali costitutivi di
 un’associazione finalizzata a commettere una serie elevatissima ed 
indeterminata di truffe pluriaggravate in danno di anziani, con condotta
 protratta nel tempo ed ancora in essere, agendo mediante ripartizione 
dei compiti, con carattere di continuità e stabilità. Tale contestazione
 ha permesso di aggredire in modo incisivo fenomeni delittuosi nei cui 
confronti, se presi singolarmente, la normativa vigente non offre 
strumenti di contrasto efficaci e adeguati. 
Gli
 odierni arrestati sono accusati di aver commesso almeno quattordici 
truffe consumate e svariati altri tentativi a danno di persone anziane, 
con un metodo che può ormai dirsi, purtroppo, consolidato e comune a 
diversi gruppi criminali dediti a questa tipologia di reato, che hanno 
eletto la nostra provincia a territorio di “caccia” privilegiato in 
ambito nazionale.


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